Attualità 07:20

Sant’Antonio Abate a Collelongo dal 1689

Un convegno sulla devozione al santo egiziano segna la tradizione e la proietta nel futuro


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COLLELONGO. E’ di quell’anno la notizia più antica e certa dei festeggiamenti in onore del santo. Almeno dal 1689 a Collelongo si rinnovano i riti del fuoco, del maiale, delle cottore, dei cicirocchi, dei torcioni, delle conche rescagnate, dell’ospitalità.

 

Tutta la Marsica celebra Sant’Antonio Abate, da Villavallelonga a Ortona dei Marsi, da Trasacco a Celano alla Valle Roveto; a Collelongo un convegno di studio precede l’inizio della lunga settimana che porta al 16 gennaio e alla nottata fino alla mattina del 17.

 

Nella sala del teatro di Palazzo Botticelli tutti i 150 posti a sedere sono occupati e in molti ascoltano in piedi le parole del sindaco, Angelo Salucci, che ringrazia tutte le persone che hanno contribuito all’organizzazione della festa, soprattutto i ragazzi del Comitato e il loro presidente Emiliano Guanciale.

 

Rosanna Salucci modera gli interventi a cominciare dalla professoressa Anna Nerisantantonio 2.jpg che parla della devozione popolare nell’area del Parco Nazionale d’Abruzzo: “Una festa che cade il 17 gennaio, giorno della morte di Sant’Antonio che sostituisce il culto pagano del cinghiale praticato dai Celti; nella zona tra Pescasseroli e Alfedena nei tempi antichi vi partecipavano le donne visto che gli uomini erano in Puglia a svernare con le greggi transumanti.  E’ il santo simbolo del rinvigorimento fisico, ancora oggi a Barrea gli uomini e i ragazzi tagliano i capelli proprio il 17 gennaio”.

 

Il professor Massimo Santilli parla dei rituali in alcune comunità del Parco Regionale Sirente Velino: “E’ un santo che appartiene al patrimonio genetico e culturale dell’Abruzzo montano in cui si mette in scena la ritualità dei simboli del fuoco e del sangue collegato all’uccisione del maiale, con la questua che in nome del santo oggi non chiede più generi alimentari ma soldi e bisogna offrire a chi chiede perché il santo è sì buono ma può anche punire. E’ una festa dai cibi rituali come i granati, il mais bollito viene scambiato e distribuito e nella valle subequana al posto della benedizione degli animali da lavoro che non ci sono più, si benedicono gli automezzi per i lavori agricoli”.

“Non ci si può sottrarre alla festa di Sant’Antonio Abate – conclude Santilli – e a Collelongo la tradizione è futuro”.

 

santantonio1.jpgCristiana Lardo, professoressa di letteratura italiana, affronta la figura del santo nella tradizione poetico-letteraria italiana: “Sant’Antonio Abate è un grande serbatoio di metafore, lo troviamo in latino già nel IV secolo nella ‘Vita Antonii’ di Attanasio vescovo di Alessandria e poi nel XIII secolo con il vescovo di Genova Iacopo da Varagine nella sua ‘Legenda Aurea’.

In italiano lo citano Dante, Petrarca e tanti nel medioevo come Giordano da Pisa in ‘Esempi’ in cui attraverso le esemplari biografie del santo i monaci imparano come si sconfigge il diavolo.

 

Anche nel ‘500 in molti descrivono Sant’Antonio come un uomo buono che ha sconfitto le tentazioni ma una vera e propria rinascita l’abbiamo nell’800; Manzoni lo cita in ‘Fermo e Lucia’ e nelle due edizioni de ‘I promessi sposi’, Giuseppe Gioacchino Belli gli dedica diversi sonetti in romanesco”.

 

“Il Grande successo di Sant’Antonio Abate – continua Lardo – è nel ‘900 in cui diventa un punto di riferimento in letteratura, penso a Dino Buzzati e al suo racconto ‘Le tentazioni di Sant’Antonio Abate’ in cui la metafora si assolutizza”.

 

Non può mancare il cinema con “l’episodio del film di Fellini ‘Boccaccio 70’ e in particolare nell’episodio ‘Le tentazioni del signor Antonio’”.

 

L’ultimo intervento è dell’antropologo avezzanese Ernesto Di Renzo che parla del significato della festa di Collelongo tra persistenze culturali e pratiche del ritorno.

 

Il professor Di Renzo dimostra subito di conoscere molto bene la festa collelonghese visto che la frequenta da quasi trent’anni: “Dire Collelongo è pensare alla festa di San’Antonio Abate, dire festa di Sant’Antonio Abate è pensare a Collelongo”.

“E’ una festa complessa e duplice in cui si intrecciano quella per i forestieri e quella che appartiene ai collelonghesi come senso di identità e di appartenenza, Sant’Antonio Abate è per tutti i collelonghesi un santo totemico, è il vostro totem che si inserisce tra l’universo degli uomini e quello divino in uno scambio reciproco, attraverso l’offerta, a vantaggio degli uomini”.   

 

Da ultimo la proiezione della festa nel futuro: “A Collelongo non c’è solo la tradizione ma un processo creativo che non accetta passivamente quello che viene tramandato, qui si scelgono le cose del passato per i bisogni contemporanei e la festa è il segno della vitalità del tessuto sociale di questo Paese quindi la festa reagisce in maniera plastica ai cambiamenti socio-economici avvenuti a Collelongo soprattutto nel secolo scorso perché una festa statica è destinata a spegnersi”.

 

Alla fine si rinnova l’appuntamento per il 16 gennaio, la nottata in giro per le cottore e la sfilata delle conche rescagnate la mattina del 17 magari scaldandosi alla brace del torcione consumato.

 

Nel corso dei secoli e soprattutto negli ultimi sessant’anni Collelongo è cambiato radicalmente ma come dice una strofa della canzone: “…Mó i témpe só cagnàte, ma pe Sant’Andandònnie Àbbate, ce sta sèmpre e ce sta ancóra la panétta e la cuttóra…” che tradotta dal dialetto rimarca che adesso i tempi sono cambiati, ma per Sant’Antonio Abate ci sono sempre state e ci sono ancora la panetta e la cottora.

 

La festa è lì, pronta ad ospitare ancora una volta quelli che le vogliono bene e allora per dirla con Rosanna Salucci: “Buon Sant’Antonio a tutti!”.

 

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