CELANO. «Ci interessa poco quali le sorti del CAM S.p.A. che i sindaci soci continuano ad utilizzare solo per una contrapposizione politica finalizzata alla spartizione di poltrone che, con il passare dei mesi, diventano sempre più esplosive, permanendo una situazione debitoria enorme che, alla fine, porterà sicuramente i vertici societari a rispondere alla magistratura contabile». È quanto dichiara Gianvincenzo Sforza, portavoce del Comitato “A tutela di Celano – acqua nostra” a seguito degli ultimi avvenimenti che hanno interessato il Consorzio acquedottistico marsicano.
«Interessa molto al Comitato, invece» continua il portavoce «che i quattro comuni non soci diano seguito alla creazione di un sub-ambito che porterà i comuni stessi, in rispetto della normativa nazionale e regionale, alla gestione delle proprie reti senza subire, per due di loro, un commissariamento più volte minacciato dal commissario unico Caputi».
«L’elezione del sindaco di Avezzano alla presidenza del consiglio di sorveglianza del Cam» denuncia poi Sforza «pare l’ennesimo tentativo, che difficilmente riuscirà, di allungare l’agonia ad un Ente gestionale che presenta tutte le caratteristiche per essere posto in liquidazione subito dopo le imminenti elezioni regionali. Strano, infatti, è l’accettazione della carica che si preannuncia durare fino a giugno prossimo. I sindaci soci del Cam, con quanto deciso nell’assemblea di mercoledì, cercano di ignorare la relazione emanata dal Commissario Caputi il 31 dicembre 2013, prot. 413/U, facilmente scaricabile sul sito dell’Ato Regionale». «L’ingegner Caputi» spiega il portavoce «in ottemperanza ai dispositivi del decreto legge 18/10/2012 n° 179 e della legge n° 221/2012, ha delineato le criticità del Cam (posizionato all’ultimo posto della graduatoria per mancanza di quasi tutti i requisiti richiesti) che determinano l’impossibilità a che lo stesso Cam possa continuare nell’affidamento in House del Servizio Idrico Integrato. Ignorare tutte le criticità, che lo stesso commissario Caputi evidenzia nella sua relazione espone: “di conseguenza anche la responsabilità degli eventuali danni che la collettività possa subire in esito a tali decisioni, ovvero per il persistere delle mancate scelte. Come ferma rimane la responsabilità dei Soci (i sindaci) delle società di gestione, della mancata adozione di percorsi volti a dare prospettive alle stesse società sulla scorta di fatti e dati certi a partire da piani industriali veri e applicabili nella realtà gestionale spesso estremamente critica e vicina al fallimento”. «Ma Caputi» aggiunge Sforza «nella esaustiva relazione, va oltre e pone dei paletti fermi a cui i sindaci farebbero bene a dedicare una attenta riflessione. Al nostro comitato pare che l’elezione del sindaco di Avezzano all’organismo di controllo dell’Ente, sia ritenuta dai soci la panacea di tutti i mali del Cam che potrà contare su un risanamento, a detta dei più. Molto improbabile non essendocene i presupposti». Sforza, vista la relazione di Caputi, si domanda allora: «Come mai il sindaco Di Pangrazio ha accettato l’incarico fino a giugno? Per opportunità, il fratello del sindaco Di Pangrazio non si candiderà alle regionali di maggio prossimo?».
«Per ciò che attiene ai successi sbandierati dai vertici societari» chiosa poi il portavoce del comitato “A tutela di Celano – acqua nostra” «esprimiamo perplessità e dubbi sulle dichiarazioni: se ci sono stati contenimenti della spesa è dovuto solo ed esclusivamente ai tagli indiscriminati fatti nei settori della manutenzione delle reti, all’adeguamento alla norma e al funzionamento dei depuratori che continuano ad inquinare, agli interventi manutentivi e di riparazione dei guasti che quotidianamente vengono segnalati e al mancato rimborso dei mutui ai Comuni che hanno conferito le reti».
«Alla luce di tutte queste negatività» conclude Sforza «concordemente con quanto espresso dal commissario Caputi nella sua relazione che fotografa la realtà delle cose, il comitato avvierà azioni conseguenti sia presso la procura della Corte dei Conti, sia presso l’autorità giudiziaria per far accertare se l’ASSI (Organismo dei sindaci che ha sostituito gli Ato) ha cercato ancora una volta, non decidendo, di aggirare le leggi al fine di continuare a mantenere in vita una struttura che, fino ad oggi, ha favorito solo i politici di ogni schieramento».