Politica 16:39

Giuseppe Di Pangrazio nell'aquilano: per valorizzare le aree interne occorre superare i campanili

L'Abruzzo danneggiato dall'egoismo dei territori e dalla mancanza di una politica regionale di coesione


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Giuseppe Di Pangrazio supera le logiche del campanile ed unisce l'intero territorio della provincia aquilana con la sua strenua battaglia a difesa delle aree interne. In queste settimane Di Pangrazio percorre in lungo e largo la provincia interna, incontra cittadini, espone i nodi centrali del suo programma, ribadendo come fa da anni la necessità di una integrazione virtuosa tra l'area marsicana, quella aquilana, della valle peligna e dell'alto sangro. “La logica del campanile è una logica di corto respiro - ha sottolineato Di Pangrazio in un affollato incontro all'Aquila. Chi chiede il consenso ai cittadini per governare l'Abruzzo ha l'obbligo di individuare politiche aperte a considerare la relazione tra i territori come una grande opportunità. Molto spesso l'operato va nella direzione opposta e miope, quella del campanile, che tende ad esasperare le necessità di un singolo centro dimenticando il contesto più complesso entro il quale viene a collocarsi”. 

 

“La politica del campanile è stata ulteriormente esaltata negli ultimi anni di Governo Chiodi ed ha prodotto enormi danni in Abruzzo – continua Di Pangrazio –. La continua lotta tra territori ha rallentato lo sviluppo della Regione, a partire dalla grande divisione attuata nei fatti tra area costiera e area interna, fino ad arrivare alla frantumazione di ampie zone territoriali in piccoli centri, ognuno separato e in competizione con il proprio vicino. Il modello di sviluppo degli anni '80/'90, quello della regione Verde d'Europa, è stato progressivamente archiviato, ed abbiamo perso identità nel complesso scacchiere nazionale e comunitario del quale, peraltro, non si sono comprese le enormi opportunità”.

 

Occorre quindi recuperare il senso profondo della politica regionale, che deve essere una politica di coesione e di recupero di valori comuni. Le elezioni del 25 maggio sono per gli abruzzesi un'occasione storica per cambiare, per ridefinire il ruolo della nostra Regione nello scenario internazionale.

 

“Da soli non si va da nessuna parte – chiosa Di Pangrazio - e dobbiamo giocare in squadra, agire secondo una logica di priorità di programma e di alleanza coinvolgendo su obiettivi comuni i territori limitrofi ed omogenei come le Marche, il Lazio ed il Molise, collaborare sui grandi temi con il Governo centrale e le istituzioni europee”.

 

E qui scatta la curiosità dei cittadini che, nella riunione aquilana, chiedono al candidato Di Pangrazio cosa significa concretamente per l'Abruzzo superare la logica del campanile. “In un mondo sempre più integrato – risponde Di Pangrazio - l'Abruzzo solitario non funziona più. In concreto, la città di Pescara dovrà specializzarsi nella sua vocazione logistica e commerciale, cporta d'Oriente verso i Balcani ed i paesi emergenti asiatici, luogo di transito delle produzioni locali verso nuovi mercati. Produzioni locali manifatturiere ed artigiane, ma pure agricole: Pescara dovrà essere in tal senso la città ponte e commerciale delle raffinatissime produzioni alimentari abruzzesi: vino, olio, ortaggi fucensi, formaggi di qualità, e prodotti di nicchia come lo zafferano, il tartufo e l'aglio rosso di Sulmona, solo per citarne alcuni. L'Aquila deve essere rapidamente ricostruita, ed occorre valorizzare le sue funzioni urbane di città di servizi al servizio di un'area vasta, città della ricerca, della scienza e dell'Università. Sulmona, vivace centro artistico e culturale, deve puntare soprattutto sul turismo, sfruttando la sua posizione baricentrica rispetto ai due grandi parchi naturali della Majella e d'Abruzzo (PNALM)”.

 

E la Marsica? “Da ultimo, ma non per importanza, Avezzano e la Marsica – sottolinea Di Pangrazio - devono trovare la naturale vocazione nella specializzazione dell'agroalimentare. La Marsica è ricca di prodotti agricoli di elevata qualità, ma anche su questo è finora mancato un progetto organico di sviluppo regionale. Non a caso parlo di sistema agricolo perché l'agricoltura fucense di domani non essere quasi soltanto una produzione di base, come nel caso della patata, che poi per larga parte viene trasformata da industrie del Nord, per poi tornare a noi abruzzesi come consumatori di alimentari prodotti altrove. Il valore aggiunto deve restare nella Marsica: dobbiamo produrre, trasformare, commercializzare. Ecco perché non dobbiamo più ragionare nell'ottica ristretta dell'agricoltura ma in quella ben più ampia difiliera agroalimentare. Filiera significa produzione e trasformazione industriale in loco, logistica e servizi, ricerca nelle biotecnologie, nuove opportunità e lavoro. Filiera significa operare come un distretto, sviluppare organicamente un territorio seguendo un progetto condiviso, far crescere armonicamente tutte le attività collegate al complesso mondo agricolo”.

 

“Ma voglio sottolinearlo – conclude con enfasi Giuseppe Di Pangrazio - il salto di qualità delle aree interne non avverrà da solo. Occorre un progetto di sviluppo regionale, che sinora è del tutto mancato, ed un'alleanza interregionale, dove ciascun territorio deve valorizzare le proprie qualità e recitare il ruolo che gli è proprio. E dentro questo progetto regionale, L'Aquila, la Marsica, la Valle Peligna e Castello devono ritagliare il proprio ruolo specifico. Questo richiede il coinvolgimento di tutti gli attori locali: cittadini, associazioni di categoria, imprese, sindaci, amministratori. Nessuno escluso. Questo deve essere il senso più profondo della politica di coesione territoriale e questo deve essere il senso più profondo dello spirito di una politica regionale per l'Abruzzo”.

 

Severino Bastone


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