Cultura 06:30

Racconti dalla Marsica e dintorni: "Il ricoverato impertinente"

Il diavolo e l'acqua santa - Le infermiere in.....trappola


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IL RICOVERATO IMPERTINENTE

 

Non è grave se gli uomini non ti conoscono; è grave se tu non conosci gli uomini.

 

Il diavolo e l'acqua santa

 Era un anziano montanaro di poche parole e dall'aspetto rude, ma aveva una mimica facciale particolare e un sorrisetto disarmante che lo rendevano simpatico. Il suo sguardo furbo lasciava intuire un'intelligenza non comune, che da un'analisi superficiale non traspariva; ecco perché chi si basava solo sull'apparenza tendeva a sottovalutarlo. Era quasi analfabeta e più che con le parole comunicava attraverso sguardi, versi, alzate di spalle, ghigni. Tuttavia, i messaggi che lanciava si capivano benissimo perché era molto espressivo. Non socializzava mai di sua iniziativa, ma siccome era simpatico non erano pochi quelli che lo stuzzicavano. Ciò dimostrava la validità del detto "Il sorriso e la simpatia sono formidabili strumenti per vincere la diffidenza altrui".

 

Questo anziano montanaro guardava sempre gli altri in modo ironico, ma difficilmente risultava antipatico. Grazie al suo sorrisetto accattivante aveva evitato o quanto meno attenuato tanti rimproveri nel corso della sua vita. Era rimasto scapolo per scelta e non aveva mai lavorato alle dipendenze di altri perché, per lui, vivere in modo libero ed indipendente era una necessità irrinunciabile. Non a caso, il detto "Meno dipendiamo dagli altri più siamo liberi" era la bussola della sua vita.

 

Conduceva una vita sana e all'aria aperta; di conseguenza la sua salute era stata sempre abbastanza buona. Aveva solo qualche acciacco legato all'avanzare dell'età. Un giorno, però, accusò dei forti dolori all'addome e si dovette ricoverare d'urgenza in ospedale. I dolori in breve tempo passarono quasi del tutto, ma i dottori vollero vederci chiaro e non lo dimisero subito. Lo tennero sotto osservazione alcuni giorni e nel frattempo lo sottoposero a vari esami. Gli prescrissero anche una rigida dieta che lui, essendo una buona forchetta, accolse con molti mugugni. Per uno come lui abituato a vivere "allo stato brado" quei pochi giorni di permanenza in ospedale si trasformarono in un incubo. Le regole vigenti nella struttura ospedaliera per lui erano solo delle fastidiose pastoie a cui non si rassegnava.

 

Che fosse uno spirito libero insofferente alle regole lo capirono tutti fin dal primo giorno di ricovero. Infatti, la mattina non recitò le preghiere insieme agli altri degenti. "Prega anche tu!" gli intimò a voce alta una nipote che lo assisteva. Non aprì bocca, ma conservò intatto il suo caratteristico sorrisetto ironico. "Non si arrende neanche davanti al Signore!" commentò quest'ultima per far capire ai presenti di che pasta fosse fatto suo zio. Anche i giorni successivi non pregò prima dei pasti, come facevano tutti. La sua era una scelta che si poteva non condividere, ma era coerente con le sue idee e poi lui non era il tipo che si lasciava imporre dagli altri la linea di condotta. "Sapere appartenere a se stesso è la più grande conquista di un uomo" recita un detto a cui l'anziano montanaro ispirava inconsapevolmente il suo comportamento.

 

Come era nel suo stile, nel corso della giornata conversava poco con gli altri ricoverati. Con loro parlava, per lamentarsi, solo quando gli venivano serviti i pasti. Abituato com'era ai cibi genuini delle sue montagne, mal sopportava i menù dell'ospedale a base di minestrine e altri cibi preconfezionati. Di notte, al buio, dal suo letto si sentiva un continuo borbottio interrotto frequentemente da imprecazioni e parolacce pronunciate ad alta voce e in dialetto, ma non per questo meno comprensibili. Anche di giorno ogni tanto imprecava ad alta voce incurante dei presenti. Più che i disturbi, erano la condizione di ricoverato e le regole che era costretto a rispettare a renderlo nervoso.  Per ironia della sorte fra i ricoverati della sua stanza c'era anche un prete, la cui pazienza e autorevolezza furono messe a dura prova dal comportamento del suo irrequieto vicino di letto. Infatti, capitava di sentire in contemporanea il sacerdote recitare il rosario e il vicino imprecare e ciò innervosiva il primo e creava un certo imbarazzo a tutti i presenti. Questa grottesca situazione aveva sempre lo stesso epilogo: il prete si alzava dal letto tutto contrariato e andava a pregare in un’altra stanza dando soddisfazione al suo impertinente vicino, come dimostrava il sorrisetto beffardo di quest'ultimo appena l'altro usciva. La stessa scena si ripeteva quando il sacerdote accendeva la sua radio portatile e si sintonizzava su una stazione religiosa. Purtroppo il sacerdote ignorava il detto "Se ti arrabbi, gratifichi chi ti insulta". Non sopportando né lui né i suoi riti, il ricoverato impertinente aveva trovato il modo di metterlo alla porta senza litigarci. Qualche giorno prima, senza volerlo, chi aveva ricoverato i due aveva messo nella stessa stanza di ospedale il diavolo e l'acqua santa creando una situazione comica e imbarazzante allo stesso tempo. Il sacerdote era di vecchio stampo. La prima notte di ricovero, sentendo imprecare il suo vicino di letto, si era arrabbiato e lo aveva sgridato ripetutamente offendendolo. Questi lo aveva ascoltato limitandosi a fare dei sorrisetti. Ogni volta però, dopo una breve pausa, i borbottii e le imprecazioni ricominciavano, anche se a voce più bassa. Sgridarlo davanti agli altri e, cosa ancora più grave, offenderlo non era stata una buona idea come dimostrava ciò che era successo nei giorni successivi. Il sacerdote aveva studiato tanto, ma non aveva capito che il modo più sicuro per farsi un nemico viscerale è quello di fargli perdere pubblicamente la faccia; a maggior ragione se si colpisce la persona nel suo complesso e non i singoli comportamenti sbagliati. Questa vicenda mi aveva fatto tornare in mente un saggio insegnamento che, se rispettato da tutti, migliorerebbe i rapporti umani a tutti i livelli. Esso recita: "Gli oppositori viscerali vanno evitati come la peste perché il loro unico scopo è metterci in cattiva luce indipendentemente dalla validità delle nostre scelte o argomentazioni; a differenza degli oppositori costruttivi che, criticando solo le nostre decisioni, ci aiutano a migliorarle". Il sacerdote poi ignorava un'altra regola di buonsenso e cioè "Che ad offese fatte in pubblico si può sperare di rimediare solo con scuse pubbliche". Il "duello" con il sacerdote era solo l'antipasto. Il ricoverato impertinente non aveva ancora dato il meglio di sé in quell'ospedale e il bello doveva ancora venire.

 

Le infermiere in......trappola

Il ricoverato impertinente era debole di reni e ci vedeva poco; quindi la notte, quando si alzava per fare pipì nel pappagallo...(continua)

 

Luigi Buttari


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