Non affannarti inutilmente; un giorno il mondo farà a meno di te.
IL FATALISTA FILOSOFO
L'invitato..... sconosciuto
Il personaggio era di quelli che suscitavano subito simpatia perché raccontava i fatti e
descriveva le situazioni con dovizia di particolari, una precisione esagerata ed un linguaggio
appropriato, nonostante nella vita facesse l'operaio e non avesse frequentato scuole di livello alto.
La sua voce squillante e la sua chiarezza espositiva non lasciavano spazio al dubbio. Quando
parlava usava dei toni solenni e una gestualità vistosa. Spesso aveva un atteggiamento professorale,
ma non era altezzoso; ecco perché era piacevole conversare con lui. Non vestiva mai in modo
ricercato; neanche nelle cerimonie o nei giorni di festa e questo contribuiva a mettere a proprio agio
le persone che avevano a che fare con lui. Era talmente scrupoloso nelle spiegazioni e nelle
ricostruzioni degli eventi che un giorno ebbe a dire: "Se avessi fatto il medico, dal mio studio il
paziente sarebbe uscito o con il morale a terra o completamente risollevato". Tuttavia la pignoleria
non lo rendeva mai antipatico; anzi, faceva diventare ancora più spassosi e interessanti i suoi
racconti, nonché le numerose metafore a cui ricorreva per spiegare meglio i concetti.
Fondamentalmente era un buono e difficilmente si arrabbiava. Non si scagliava mai contro il
destino avverso, ma si limitava a prendere atto fatalisticamente di ciò che nella vita gli andava
storto, come fosse una malattia che non si può prevenire e quindi conviene conviverci nel migliore
dei modi. Aveva i suoi difetti, ma la sua filosofia di vita mi attirava perché era fondata su una
intelligente e costante sdrammatizzazione di eventi tristi e negativi. Il proverbio a cui il fatalista
filosofo ispirava inconsapevolmente la sua vita era "Sorridi ogni volta che puoi: anche se gli altri
non crederanno che sei sempre felice, capiranno che sei forte".
"Bisogna prendere atto della realtà" era una delle frasi che il fatalista filosofo ripeteva
spesso; soprattutto quando si trovava di fronte ad eventi ineluttabili. Il suo realismo mi faceva
venire in mente l'insegnamento di un maestro di pensiero che invitava a non stressarsi inutilmente
combattendo contro i mulini a vento. Esso recita: "Il problema si può risolvere? E allora perché ti
preoccupi!? Il problema non si può risolvere? E allora perché ti preoccupi!?". Anche quando era
angosciato o stava male, il fatalista filosofo difficilmente lo dava a vedere. Questo suo
atteggiamento era molto in sintonia con il detto "Nella vita bisogna imparare a soffrire senza
lamentarsi". La convenienza di tale condotta è spiegata da un'altra illuminante massima che recita: "Se stai male cerca di non piangere perché, se piangi, chi non capisce ride, chi ti odia gioisce e chi ti
vuole bene soffre".
La sua notevole forza d'animo il fatalista filosofo la dimostrò quando morì all'improvviso la
sua vecchia madre, a cui era legatissimo. Dopo pochi minuti di comprensibile smarrimento vissuti
in silenzio raccolse le sue forze e, abbozzando un sorrisetto, disse: "Andiamo avanti". La frase e
l'atteggiamento erano un incoraggiamento rivolto a se stesso, ma per quanti lo attorniavano
cercando di consolarlo in quella triste circostanza si trasformarono in una lezione di vita, come
dimostravano i loro sguardi stupefatti da tanta compostezza. Il comportamento dignitoso del
fatalista filosofo mi fece venire in mente la frase finale di uno scritto, scolpito su una stele, che è
possibile leggere in un luogo di periferia di uno dei centri abitati distrutti dal terremoto ormai quasi
un secolo fa. Riferendosi all'Uomo che aveva caparbiamente ricostruito la città, nonostante di essa
non fosse rimasta pietra su pietra, lo scritto così conclude: ".....tosto riprese a camminare". Ciò
fortunatamente è successo infinite volte nella storia. Non arrendersi mai è stata finora la principale
forza dell'Uomo. "L'arte della vita sta nell'imparare a soffrire e nell'imparare a sorridere" recita un
detto e questa lezione lui aveva dimostrato di averla capita benissimo in occasione della morte di
sua madre.
Per il fatalista filosofo coltivare il buonumore era un impegno prioritario durante il giorno.
"L'umore dipende molto da te" diceva sempre. Poi aggiungeva: "La mattina, al risveglio, ti trovi
davanti ad un bivio: essere di buonumore o di cattivo umore. La scelta è tua, ma stai pur sicuro che
se persegui il buonumore e riesci anche solo in parte a conseguirlo vivi meglio". In effetti, esso
solleva il nostro morale, ci rende più attivi, ci fa cogliere il lato positivo e buffo delle cose; anche il
nostro stato di salute ne trae beneficio. Tutto questo migliora i nostri rapporti umani. Inoltre il
buonumore è contagioso; quindi crea le condizioni per una vita sociale di qualità superiore. "Per
molte persone la tristezza è un vizio", "Con il morale fiacco non si va all'attacco" e "Per stare bene
con gli altri bisogna innanzitutto stare bene con se stessi" sono solo alcuni fra i tanti proverbi che
inducono a perseguire con impegno quotidiano uno stato d'animo lieto.
La giovialità del fatalista filosofo invogliava chiunque ad entrare in relazione con lui e ciò
dimostrava la validità del detto "Chi sorride ha più amici di chi è triste". Grazie al suo carattere e
alla sua visione della vita, riuscì ad evitare in più occasioni arrabbiature e stress. Una sera incontrò
alcuni amici che, dandogli spiegazioni molto approssimative, lo portarono in un ristorante in cui era
in corso un banchetto al quale loro erano stati invitati. Di punto in bianco il fatalista filosofo si trovò
seduto davanti ad una tavola imbandita in mezzo ad una decina di sconosciuti ben vestiti che
ridevano e scherzavano. Perse anche i contatti con i suoi amici che, senza presentarlo a nessuno, si
allontanarono da lui entrando in conversazione con altre persone. Per non fare brutta figura non
poteva neanche chiedere spiegazioni ai suoi vicini di tavola. Tutti si sarebbero trovati in difficoltà in
quella situazione; anche perché la cena stava iniziando e molti degli invitati, non conoscendolo, lo
guardavano in modo interrogativo. Al posto suo, chiunque altro sarebbe andato via e alla prima
occasione avrebbe anche rimproverato gli amici per la grossolana mancanza di tatto e di
considerazione dimostrata nei suoi confronti. Tra l'altro, neanche il suo abbigliamento era consono
alla circostanza e il rischio di fare la figura dell'accattone era alto. Anche la saggezza popolare era
contro di lui. Il detto "Chi va ad una festa senza essere invitato o è matto o ubriaco", che lui ben
conosceva, lo esponeva a critiche. In altre parole, era concreta la possibilità che questa vicenda
compromettesse la buona reputazione di cui godeva in giro. Ma lui, come faceva sempre, la prese
con filosofia. Senza tradire alcun imbarazzo si alzò in piedi tutto sorridente, richiamò l'attenzione
dei presenti e con un italiano impeccabile disse: "Io non so chi voi siate e per quale circostanza ci
troviamo qui. Comunque, sono onorato di far parte di questa allegra compagnia; buona cena a tutti e
auguri agli eventuali festeggiati!". Poi si sedette e si mise a mangiare di gusto il cibo succulento che gli avevano appena servito. Ovviamente suscitò l'ilarità generale e fu preso in simpatia da tutti i
presenti. Con la sua trovata aveva sfatato anche il detto "Chi va a cena senza invito è mal visto e
mal servito".
Buttari Luigi
Una buona filosofia di vita è la più ricca eredità che un padre possa lasciare ai propri figli.
Gli incidenti di un.... "filosofo"
Quando gli riferivano pettegolezzi sul suo conto, il fatalista filosofo li ascoltava con
un'espressione sorridente e meravigliata. Poi..... (Continua)