Cultura 06:40

Il nuovo appuntamento con i racconti di Buttari

Oggi appuntamento con "Il giustiziere battutista"


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Chi parla in faccia non è traditore.

 

IL GIUSTIZIERE BATTUTISTA

Il rione......"defunto"

Era famoso per le sue battute micidiali con cui metteva in ridicolo quelli che non gli andavano a genio. Era irriverente e non le mandava a dire. Una volta che aveva preso di mira qualcuno, ogni occasione era buona per provocarlo e sfotterlo pubblicamente e tale trattamento andava avanti a lungo. Era bravissimo a ridicolizzare i difetti e i punti deboli delle persone, nonché ad esaltarli quando doveva sfotterle o colpirle. La bassa statura, le orecchie grandi, il naso aquilino, la calvizie, la magrezza, l'obesità erano tutti spunti per sbeffeggiare quelli che lo indispettivano. Conoscendone la determinazione e il sarcasmo, erano tanti quelli cercavano di tenerlo buono per non diventare bersaglio delle sue battute. Era imprevedibile e prontissimo nel rispondere a chiunque volesse ingaggiare un duello verbale con lui.

Il giustiziere battutista era sempre stato battagliero; ecco perché quelli che si erano azzardati ad intimorirlo o minacciarlo si contavano sulla punta delle dita. Si era fatto la fama di duro in gioventù allorché aveva osato sfottere alcuni intoccabili senza subire ritorsioni e questa aureola di invincibilità lo aveva accompagnato per tutta la vita. Qualche temerario che aveva provato a contrastarlo con le battute ne era uscito con le ossa rotte; anche perché aveva la capacità di prolungare lo scontro fino a sfinire quanti osavano sfidarlo sul suo terreno.

Detestava le persone superficiali e quelli che parlavano a vanvera perché causavano malintesi, distorcevano fatti e falsavano opinioni. Una sera un suo coetaneo che aveva l'abitudine di aprire bocca e darle fiato, stufo di essere preso di mira pubblicamente da questo irrequieto personaggio, ingaggiò un acceso duello con lui a suon di battute e sfottò. Ce la mise tutta e riuscì a tenergli testa per un buon quarto d'ora. Alla fine fu annichilito da una sua battuta bruciante. "Non posso rinunciare alle mie otto ore di sonno; per questa volta ti lascio vincere" gli disse il giustiziere battutista con la faccia da schiaffi che lo contraddistingueva e se ne andò lasciandolo con un palmo di naso.

Essere messi in ridicolo pubblicamente non piace a nessuno. "Con il ridicolo addosso crolla pure un colosso" recita un detto che è difficile non condividere. Questa verità il giustiziere battutista la conosceva bene e la sfruttava per tenere in pugno chi prendeva di mira. Un suo punto di forza era indubbiamente la faccia di bronzo che lo rendeva impermeabile a insulti, battute e critiche. Un altro era la franchezza, che lo rendeva degno di rispetto perché è indice di coraggio. Per metterlo alla prova, una sera i suoi amici lo portarono in una trattoria della Capitale famosa per l'accoglienza a base di battute pesanti e a sfondo sessuale che i camerieri riservano ai clienti. Uscì vincente dallo scontro. Agli sfottò replicava con altri sfottò più pesanti rincarando continuamente la dose. Non esitava a tirare in ballo i familiari di quanti cercavano di prenderlo in giro se le sue battute non li inducevano a più miti consigli. A metà cena i camerieri avevano già gettato la spugna sfiniti dalla raffica di battute pungenti, allusioni e risposte spiazzanti del giustiziere battutista. Egli era riuscito in un'impresa più unica che rara in quel locale: ridicolizzare agli occhi dei clienti il personale, che si distingueva per invadenza e sfacciataggine. Grazie a lui, per una volta le parti si erano invertite e i clienti avevano riso dei camerieri.

Il giustiziere battutista era visto come un vendicatore implacabile; anche perché aveva il fare di chi deve svolgere con severità una missione educativa. Non a caso si immischiava spesso in faccende che non lo riguardavano direttamente. Quando ne aveva l'opportunità, sfidava e metteva alla berlina soprattutto i seccatori, gli avari, i superbi, gli ipocriti, i prepotenti, gli imbroglioni, i ruffiani, gli opportunisti, i palloni gonfiati e gli esibizionisti. Non sopportava neanche i tifosi esaltati. Un'estate in paese furono organizzate delle gare sportive e popolari rionali che accesero molto gli animi. Alla fine perse le competizioni più importanti proprio il rione dove abitavano i tifosi più esasperati, che lui aveva provocatoriamente sfottuto più volte prima, durante e dopo le gare, nonostante di queste non gli importasse nulla. Saputi i risultati, andò ad affiggere in pieno giorno dei manifesti mortuari con il nome della contrada proprio nel rione perdente, ma nessuno osò dirgli nulla. Anzi, sebbene fossero stati messi in ridicolo da quella iniziativa, molti dei tifosi più esasperati si sforzarono di riderci su. Conoscendo la pasta del provocatore, sapevano che una loro reazione rabbiosa o risentita li avrebbe esposti a conseguenze peggiori.

Il giustiziere battutista classificava le persone in base all'intelligenza dei loro discorsi e dei loro comportamenti, ma teneva nel dovuto conto anche la loro buonafede o malafede. Usando questo metro di giudizio, egli aveva diviso le persone con cui aveva a che fare in categorie ben precise e per ognuna di queste adottava l'atteggiamento più opportuno. Era rispettoso e delicato con le persone di buonsenso, umili e in buonafede, mentre era sprezzante e implacabile con quelle malvage ed in malafede. "I malvagi e i mediocri capiscono solo la durezza" è un detto a cui il giustiziere battutista si ispirava quando affrontava gli individui peggiori. La sua suddivisione degli uomini in categorie mi faceva venire in mente una illuminante massima a cui lui inconsapevolmente faceva riferimento nel classificare le persone. Essa recita: "Gli ignoranti parlano a vanvera, i fessi sempre, i furbi quando conviene e i saggi quando è il caso".

Nonostante il giustiziere battutista fosse un tipo originale, godeva di una certa considerazione e rispetto da parte delle persone perbene. L'autorevolezza gli era conferita dal fatto che nella vita aveva cercato di comportarsi secondo gli elementari principi di civiltà e di buonsenso e quindi non era facile trovargli delle pecche; anche perché, essendo molto furbo, le poche magagne e debolezze che gli altri potevano rinfacciargli era riuscito a non farle diventare di pubblico dominio. Per lui la riservatezza era fondamentale per vivere bene. Da uomo di esperienza quale era, sapeva che mettere gli altri al corrente dei nostri sforzi, dei nostri errori e delle nostre debolezze significa perdere punti ai loro occhi. Aveva ragione. Così facendo, mettiamo anche frecce nell'arco dei nostri nemici presenti o futuri e questo ci rende più vulnerabili, mentre essere riservati con tutti, comprese le persone a noi più vicine, ci facilita la vita e ci ingrandisce agli occhi degli altri. Questa linea di condotta trova conforto anche nel detto che recita: "Non dire le tue miserie, affinché i tuoi nemici non ne gioiscano".

Un giorno affrontò un signore che approfittava di ogni occasione per mettersi al centro dell'attenzione e gli chiese provocatoriamente se nel pomeriggio anche lui avrebbe partecipato ad una gara di calcio. Lo fece proprio quando questi si stava vantando di aver organizzato l'incontro sportivo in presenza di altri. Essendo una persona che considerava questi eventi occasioni imperdibili per mettersi in mostra, fulminò il giustiziere battutista con un'occhiata e rispose indispettito: "Ma cosa dici!? Lo sai che senza di me non si gioca". "E che sei il pallone!" replicò quest'ultimo mandandolo contemporaneamente a quel paese. L'uomo rimase di stucco e non riuscì neanche ad abbozzare una reazione, mentre i presenti trattenerono a stento le risa. Il giustiziere battutista non sopportava questo signore proprio perché era un esibizionista il cui unico scopo era darsi importanza. Lo aveva provocato con il proposito di sbeffeggiarlo pubblicamente e, stando alla reazione divertita dei presenti, c'era riuscito in pieno. Questo episodio mi fece riflettere sulle ragioni che determinano la mancanza di rispetto nei confronti di una persona. Mi vennero in mente tre detti che mi chiarirono le idee. Essi recitano: "Se vuoi che la gente pensi bene di te, non parlare bene di te", "Non bisognerebbe mai parlare di se stessi perché se se ne parla bene è segno di vanità, se se ne parla male è segno di debolezza" e "Più meriti ostentiamo, meno stimati siamo".

 

Una parola usata con intelligenza può colpire più di 100 schiaffi.

 

Un brindisi particolare

La sua vita specchiata permetteva al giustiziere battutista di togliersi vari sassolini dalle scarpe. A lui non si poteva controbattere con la massima.....

 

Luigi Buttari


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