Cronaca 06:10

«Io sono William Onyeka»: il viaggio di un cristiano profugo di guerra

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AVEZZANO. Quando mi avvicino a William per scusarmi di averlo fatto arrabbiare, lui mi fa sedere di fronte e mi dice sorridendo “No Problem”.

William è una persona molto riservata, forse l'ospite più timido che la Country House Le Rosce, immersa nella località La Roscia di Civita D'Antino, accoglie.

 

Lo capisco tardi, purtroppo. Lo capisco quando ormai la mia fame da “caccia” mi ha già spinto a parlare con tutti, a fare domande, soprattutto a lui che se ne sta in disparte con un atteggiamento che io, erroneamente, percepisco disinteressato e strafottente.

Capisco di essermi sbagliata quando mi dice chiaramente che vuole parlare con me da solo perché non “ha voglia che gli altri sentano i suoi racconti, la sua storia”.

Mi vergogno per un attimo, finisco di parlare con i ragazzi e lo raggiungo ad un tavolino in cui lui si è già accomodato e mi sta aspettando.

 

«Io sono William Onyeka, ho 24 anni e arrivo dalla Nigeria. Sono arrivato con la mia barca il 10 giugno 2015 in Sicilia, ad Agrigento. Siamo rimasti lì per qualche giorno prima di essere trasferiti...»

 

Mi fermo per un attimo e lo guardo, capisco subito che non devo fare domande perché lui mi racconterà la sua vita come Le Memorie da custodire in un libro. Allora scrivo, appunto ogni cosa e alla fine gli prometto che nel mio articolo non cambierò una sola parola, riporterò tutto esattamente come lui mi sta raccontando.

 

« Prima hai chiesto a tutti perché siamo scappati? Io sono scappato perché nel mio paese c'è la guerra più atroce, quella religiosa fra cristiani e musulmani. Vengo dallo Stato di Taraba, vicino al Camerun. Una guerra che iniziò nel 1953, una guerra che non finirà mai. Nel 2010 a Wukari, il luogo dove vivevo nella Nigeria orientale, c'è stato un forte scontro che le autorità hanno voluto mettere a tacere ma ci sono stati molti morti, oltre a chiese e moschee bruciate. Sono dovuto scappare perché potevo morire. Io sono cristiano, cattolico, e credo in Dio. Avevo un lavoro lì, vendevo abbigliamento e oggetti per uomo, ero felice. Ad un certo punto ho perso tutto, soldi, lavoro, felicità, libertà, sogni. Ogni cosa. Non ho più nessuno, non ho una famiglia, i miei genitori sono morti. Ho soltanto ancora tanti sogni che spero si possano avverare qui. Sono felice di essere qui, vorrei restare per sempre, sposarmi qui, trovare un lavoro. Sai, quando sono arrivato dalla Libia, il mio cuore mi diceva di tenere duro, di non mollare. Durante il viaggio la barca stava per cedere, le persone urlavano, piangevano, io pregavo Dio e pensavo soltanto a cose buone. Sulla mia barca eravamo in 250, siamo sopravvissuti tutti, ma nessuno aveva speranze. Io ho pregato fino alla fine. Non so cosa farò, dove andrò, ma di sicuro non voglio tornare in Nigeria. Da qui parte la mia nuova vita e prego Dio di indicarmi la strada».

 

Scambiamo qualche ultima parola, gli sorrido e gli dico che mi ha fatto piacere conoscerlo, lui mi chiede di scrivergli il mio nome su un foglietto di carta così da ricordarlo in futuro.

Scatto qualche foto, saluto i ragazzi e vado via, William si avvicina al mio finestrino e mi dice “Non dimenticarti di me quando tornerai”. Lui è l'altra storia da raccontare.

 

Scendo in paese e vado in cerca delle opinioni, perché voglio sapere quali sono i pensieri delle persone.

 

«Non ci devono stare qui, non devono rimanere! Noi siamo contrari. Abbiamo sempre vissuto in pace, in una sorta di isola tranquilla. Ora sono arrivati loro e non sappiamo che fine faranno e che fine faremo noi. Non vogliamo discriminare nessuno ma vogliamo protezione anche noi, per le nostre famiglie e per i nostri figli. Quando questi ragazzi si stancheranno di stare lì cosa faranno? Quando si annoieranno dove andranno a cercare il passatempo? Noi non vogliamo problemi, vogliamo rispettarli, ma qualcuno deve garantirci protezione e sicurezza».

 

Ascolto con attenzione, scrivo e poi lascio definitivamente il paese per tornare a casa.

Sulla strada del ritorno, in macchina, penso a William, ai ragazzi, ai cittadini. Penso ai loro dubbi, ai loro sogni, alle loro speranze. E, intanto, vedo davanti a me ancora i loro occhi.

 

Claudia Cardilli

 

http://www.avezzanoinforma.it/notizia/2015-06-26/3822/il-mare-il-viaggio-la-speranza-il-racconto-dei-20-profughi-ospitati-a-civita-dantino-.html#ad-image-0

 

 

 

 

 

 

 


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