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Il futuro della montagna è nelle mani dei montanari. Borghi: «Non spaccatori di pietre ma costruttori di cattedrali»

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COLLELONGO – «La risposta non è più nel singolo Municipio ma nelle aggregazioni comunali», «Da solo non ce la fa nessuno», «Riabitare il territorio», «Trasformare la crisi in opportunità», «No al talebanismo ambientale», «La montagna deve guidare il cambiamento». E poi: «Mai come oggi c’è una grande attenzione regionale, nazionale ma soprattutto europea per la montagna».

I messaggi venuti fuori dal convegno “Montagna Protagonista” al Palazzo Botticelli di Collelongo non lasciano spazio a piagnistei, dietrologie o richieste di mance: le Istituzioni politiche stanno facendo la loro parte, idee e soldi ci sono. Ora è la montagna che deve tirarsi su le maniche abbandonando l’impostazione campanilistica liberando le tante energie positive attraverso scelte decise e una precisa programmazione.

 

I RELATORI – Un convegno quello organizzato dal Comune di Collelongo con il sindaco Rosanna Salucci dove nessuno è stato reticente o le ha mandate a dire: il vice presidente della provincia dell’Aquila, Nicola Pisegna Orlando, Tommaso Ginoble, membro della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, Luca Lo Bianco, direttore scientifico Fondazione Montagna Italia, Ugo Baldini, presidente Caire Urbanistica, il presidente del Consiglio Comunale di Scanno, Amedeo Fusco, il presidente del Consiglio Regionale dell’Abruzzo, Giuseppe Di Pangrazio ed Enrico Borghi, membro della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati e sindaco di Vogogna, paesino di 1700 abitanti nella provincia del Verbano Cusio Ossola; uno che per provenienza geografica e passione politica di montagna se ne intende.

 

PISEGNA ORLANDO e GINOBLE – Se Pisegna Orlando sgombra subito il campo da polverosi luoghi comuni: «Non parliamo solo di turismo, nella provincia dell’Aquila su 10 giorni di presenza turistica solo 3 di questi sono nelle aree interne e perdipiù nelle città d’arte», l’onorevole Ginoble va dritto al punto: «Per troppo tempo abbiamo pensato di privilegiare la costa e i grandi agglomerati urbani a danno delle zone interne e montuose. L’idea imperiale dell’asse Pescara-Chieti che la fa da padrone è finita, lo sviluppo prossimo deve essere assegnato alle zone montane teramane,  aquilane e marsicane. L’unione dei Comuni è un’opportunità, lo sviluppo sostenibile deve partire da lì, quella parte della Regione dove prendiamo energia e acqua e per questo deve essere risarcita».

 

LO BIANCO e BALDINI – Per Lo Bianco c’è bisogno di una connessione tra territori in un ragionamento complessivo di area «affiancando e ragionando insieme ai Comuni, vince chi riesce a capire il proprio potenziale, si specializza e investe su quello perché nessuno può fare tutto da solo», Baldini traccia un’analisi impietosa sull’abbandono del territorio negli ultimi sessant’anni: «Il dato dell’Abruzzo è pari al 61%. Oggi l’Appennino deve essere inteso come progetto strategico per lo sviluppo nazionale, bisogna riabitare il territorio dando servizi di qualità e riassegnandolo alle cure delle persone che lo abitano usando bene i fondi europei».

 

FUSCO e DI PANGRAZIO – «Le collettività della montagna non sono riserve indiane però – così Fusco – chi vive in montagna parte svantaggiato e la legge regionale sulla montagna andrebbe scritta insieme ai sindaci della stessa e non nelle stanze delle commissioni». Di Pangrazio va oltre: «Non basta la semplice aggregazione di Comuni, bisogna ragionare in termini di Area Vasta così da poter avere la forza per accedere ai finanziamenti. La Regione sta lavorando per creare una buona normativa inserendo per la prima volta il termine “economia di montagna”».

 

BORGHI – Borghi parte dall’articolo 44 della Costituzione, quello che assegna una specifica attenzione ai territori montani (La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane) per conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti sociali. Poi sul tema: «La montagna è protagonista se riesce ad emanciparsi dai limiti mentali che assegnano a quelli che ci vivono il ruolo degli “sfigati”. Ormai sappiamo che la politica che ha spinto le persone a lasciare la montagna per andare nei grandi agglomerati urbani è dissennata perché quel modello di crescita degli anni 50’, 60’ e 70’ del secolo scorso è arrivato a saturazione, bisogna inventare un modello nuovo e qui la montagna deve metterci la faccia. Fino ad oggi si è fatta guidare, ora deve guidare essa stessa il cambiamento con scelte di programmazione attorno alle quali far ruotare le risorse che arriveranno. Il Futuro dei montanari è accettare questa sfida complessa lasciando da parte gli imbonitori esterni: le comunità devono tracciare prospettive di sviluppo per i prossimi decenni trovando al loro interno le modalità».

 

Non un convegno di sole parole quindi quello a Palazzo Botticelli. Le novità arrivano tutte da un approccio al tema-montagna del tutto nuovo, inesplorato e impegnativo. Abbandonati i luoghi comuni che ci hanno accompagnato per troppi anni, a detta degli intervenuti l’incontro è stato solo il primo di molti altri che verranno. Nessuno sa dove porterà ma il percorso per dare un futuro prossimo di sviluppo sostenibile ed emancipazione socio-economica a una montagna capace di trovare la forza di diventare protagonista parte da Collelongo, 915 metri sul livello del mare. Parte, appunto, dalla montagna.

 

Direttore

 

Foto: Mario Mancini