Attualità 09:56

Cgil, economia abruzzese in difficoltà: Pil sceso del 2,5%

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AVEZZANO. Sono negative e talvolta contraddittorie le notizie che fotografano l'economia e il lavoro di questa regione. Fatti che ricordano a tutti noi che l'Abruzzo deve ancora marciare a lungo prima di riprendere ritmi di sviluppo in grado di recuperare almeno l'occupazione persa in questi sette anni di crisi.

 

Nel terzo trimestre del 2015, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, l'Abruzzo registra inoltre la perdita di 4.000 posti di lavoro, passando da 471.000 a 467.000 occupati, mentre dall'inizio dell'anno in corso si sono persi 35.000 posti di lavoro (la maggioranza nel terziario). Le regioni del Mezzogiorno che perdono occupati sono in particolare l'Abruzzo e la Calabria, bisogna inoltre ricordare che abbiamo perso oltre 45 posti di lavoro dall’inizio della crisi ad oggi.

 

L'Abruzzo ha registrato anche una riduzione del tasso di disoccupazione, passato dal 12,6% all'11,5% , un dato apparentemente contraddittorio ma che si spiega con il fatto che sono diminuite le persone in cerca di occupazione, passate da 68.000 a 61.000, perché scoraggiate e dunque fuoriuscite da qualsiasi statistica.

 


Per parte nostra ricordiamo ulteriori indicatori economici e sociali. Il primo si riferisce alla cassa integrazione, il cui "tetto" in questi anni di crisi ha fatto perdere all'Abruzzo circa un miliardo di euro di salari. In Abruzzo le ore di cassa integrazione nel periodo gennaio-novembre 2015 sono state 20.039.602, diminuite del 31% rispetto all'anno precedente (29.042.712), ad eccezione della provincia dell'Aquila, dove si registra un incremento pari al 12,57%. Alla riduzione della cassa integrazione complessiva ha contribuito anche la minore copertura della cassa integrazione in deroga, che per il 2015 è stata pari a cinque mesi, mentre per il 2016 sarà di tre mesi, come deliberato dal Cicas Abruzzo in data odierna.

 

Di rilievo sono anche i dati relativi ai redditi da lavoro dipendente e da pensioni private degli abruzzesi, che confermano la distanza tra le retribuzioni nelle regioni meridionali (in Abruzzo 25.411 euro lordi all'anno, a fronte dei 31.179 euro della Lombardia o dei 30mila dell'Emilia Romagna) da quelle del centro-nord, mentre nella nostra regione le pensioni variano da un minimo di 599,85 euro (L'Aquila) a un massimo di 811,42 euro (Pescara).

 

Un altro indicatore economico ce lo fornisce infine lo Svimez, secondo cui il Pil abruzzese, ovvero la ricchezza di questa regione, nel 2014 non solo non è cresciuto ma è addirittura sceso del 2,5% rispetto all'anno prima.

 

L'Abruzzo dunque permane in una situazione di grande difficoltà anche a causa di una domanda interna debolissima (dovuta in particolare a salari e pensioni bassi), di cui risente negativamente la piccola e media impresa, le cui esportazioni, contrariamente alle grandi aziende, diminuiscono.

 

C'è bisogno quindi che le regioni del Mezzogiorno aprano una vera e propria vertenza con il governo nazionale, dal momento che in questi anni sono state tagliate tutte le risorse ordinarie destinate ad Sud. Se non si farà, saranno sempre più difficili politiche incisive di investimenti e di sviluppo. In secondo luogo è necessario che il confronto con la giunta D'Alfonso si faccia più stringente e concreto per definire priorità e campi di intervento quali: potenziamento dell'industria ad alta tecnologia, sostegno e qualificazione della piccola e media impresa (la struttura portante dell'economia regionale), aiuti alla ricerca, una riconversione ecologica dell'economia e delle imprese, strutturazione e promozione del comparto turistico, completamento delle infrastrutture di trasporto e messa in rete dell'intera regione.

 

Redazione Avezzano Informa

 


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