Politica 17:14

Incarichi al figlio del sindaco Di Pangrazio, per l’opposizione unita è familismo ammantato di legalità

«Il Sindaco cabarettista ci insulta e mistifica i fatti. Restano inopportune, seppure legittime, le numerose consulenze retribuite al figlio»


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«I figli sono pezzi di cuore, si sa. Sono sempre i più bravi, i più preparati, i più tutto. Tutto legale, sia chiaro, nessuno ha mai messo in discussione (per ora) la legittimità degli incarichi. Ma sul piano dell'opportunità ribadiamo con forza tutte le nostre critiche, che il Sindaco arrogante definisce “scialbe”. Scialbe un corno!». Niente giri di parole nella nota firmata dai consiglieri comunali di Avezzano, Stefano Chichiarelli, Emilio Cipollone, Mariano Santomaggio, Alberto Lamorgese, Alessandro Barbonetti, Vincenzo Pissino Gallese, Claudio Tonelli, Fabio Ranieri e dal consigliere provinciale Felicia Mazzocchi a proposito degli incarichi conferiti al figlio del sindaco di Avezzano.

 

I consiglieri sono inviperiti e, seppur usando un linguaggio a tratti sarcastico, molto amareggiati:  «Gianni Di Pangrazio è indifendibile per le numerose consulenze assegnate a suo figlio Stefano, un ragazzo dai requisiti così luminosi che, oltre ad essere divenuto dipendente del Comune di Avezzano in tenera età, compare ben cinque volte nell'elenco degli "Incarichi conferiti e autorizzati ai dipendenti". Incarichi extra e molto ben retribuiti: 19mila Euro di compenso al Comune di Castellafiume, compenso di 4.500 Euro al Comune di Civita D'Antino, compensi per docenza a una società di informatica, e così via cantando. Siamo sicuri che il figlio del Sindaco, ove non fosse stato il figlio del Sindaco, avrebbe avuto tutti questi lucrosi incarichi? Il giovane figlio del Sindaco sarà sicuramente bravissimo, ma non meno bravi sono le decine di professionisti laureati e specializzati che non riescono a sbarcare il lunario in periodi grami come quelli attuali».

 


L’accusa dell’opposizione non è rivolta soltanto al sindaco di Avezzano ma anche a suo fratello Giuseppe Di Pangrazio, presidente del Consiglio Regionale. Un’accusa ben precisa: «La legalità può essere un comodo alibi per coprire il familismo. Come un comodo alibi legale fu quello utilizzato dal fratello del Sindaco, Presidente del Consiglio Regionale Giuseppe Di Pangrazio, che inserì nell'ufficio di presidenza una signora che da anni lavora a Como. Tutto legale, peccato che la signora è la moglie del fido Boccia, vicesindaco di Avezzano. Tutto legale. Ci scusi il Sindaco supermanager (dei fatti suoi) per la "scialba" critica: ma come nel caso del figlio Stefano, anche questo è opportuno? La famiglia è la famiglia, si sa, e sta sempre al primo posto, anche nel cuore dei fratelli Gianni&Peppe».

 

Su questa vicenda ogni cittadino trarrà le proprie conclusioni ma un dato di fatto appare già chiaro: in una campagna elettorale iniziata da tempo per le elezioni comunali della prossima primavera, attori politici che nel corso degli ultimi anni sono stati su posizioni spesso distanti, si ritrovano uniti contro colui che definiscono “il sindaco cabarettista”: «Iniziamo seriamente a pensare che Gianni Di Pangrazio, se non avesse (disgraziatamente per noi) fatto il Sindaco di Avezzano, avrebbe ben potuto dedicarsi all'arte del piccolo cabaret nei locali dei sobborghi cittadini. Un Sindaco arrogante nelle parole e supponente negli atteggiamenti che non tollera l'esistenza stessa dell'opposizione, ed insulta come “nemico della città” chiunque osi pensarla diversamente da lui, sovrano assoluto ed illuminato libero dall'errore».

 

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