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Concerto di Natale con Guccini: i racconti e le canzoni della storia della musica italiana

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AVEZZANO. «È uno strano posto dove parlare. Pensavo di dover officiare, ma non ne sarei capace». Francesco Guccini, appena arrivato nella Cattedrale di Avezzano, ospite della XVII edizione del Concerto di Natale, ha mostrato subito così la sua ironia e il suo sottile sarcasmo.

 

È stato un concerto sui generis, quello con Guccini, che cinque anni fa ha lasciato il palcoscenico da cantante e ha ora ripreso a calcarlo in veste di narratore. Non musica, quindi, almeno non nella prima parte, ma tante parole con le quali la storia del cantautorato italiano si è raccontata attraverso l’intervista del critico Riccardo Bertoncelli. Proprio il Bertoncelli dell’Avvelenata, che nel ‘75 Guccini definì pronto “a sparare cazzate” insieme a “un musico fallito, un pio, un teorete o un prete”.

 

Guccini 2.jpgL’intervista-racconto ha preso il via dal dicembre del ‘44, a Pavana, primo palcoscenico di Guccini. Il piccolo Francesco aveva quattro anni e mezzo quando, nel “ricordo lasciato fra i castagni dell’Appennino”, intrattenne un ristretto pubblico con la sua prima canzone, un brano natalizio cantato con l’inconfondibile “erre”, che non lo avrebbe più abbandonato, e una “ci” che non voleva saperne di uscire dalla sua bocca se non come “ti”. Da lì, il giovane innamorato delle parole ne ha fatta tanta di strada. Passando dal giornalismo, professione che amava, ma che abbandonò perché non riusciva ad avere un contratto, ad una breve parentesi da rocker. Insieme agli articoli iniziò a scrivere anche canzoni. Le prime, a suo dire, non erano un granché e il cambio di rotta arrivò nel ‘61 con “L’antisociale” e “La ballata degli annegati”.

«Non sono mai diventato un professionista serio, come figura pubblica, sono stato sempre un cialtrone» ha confidato Guccini a Bertoncelli. È sempre stato serio, però, come cantautore, sebbene all’inizio non pensasse che quello potesse diventare un mestiere, tant’è vero che non firmò neanche le sue prime canzoni, diventate poi grandi successi come “Auschwitz”.

 

Incalzato ancora dalle domande del critico musicale, ha quindi rivelato al pubblico della Cattedrale i tre dischi a cui si sente più legato: “Radici”, con la foto dei suoi nonni e dei suoi bisnonni in copertina, “Via Paolo Fabbri 43” e “L’ultima Thule”. È questo l’ultimo lavoro discografico di Guccini che, dal 2011, ha smesso di scrivere canzoni ed è passato ai romanzi, perché ha ancora tanto da dire e, soprattutto, perché ama scrivere. «Mi piace moltissimo scrivere» ha spiegato «e non ho la paura della pagina bianca. Anche per le canzoni era così, le tredici strofe de “La locomotiva” le ho scritte in non più di mezz’ora».

 

Guccini 4.jpgLa XVII edizione del Concerto di Natale-Premio alla carriera Anna Luce è stata organizzata ancora una volta dall’associazione culturale Harmonia Novissima, sotto l’attenta direzione artistica di Massimo Coccia. Parte dell’incasso delle due serate verrà devoluto alle Caritas delle diocesi di Rieti e Ascoli Piceno, per aiutare i progetti dedicati ai territori colpiti dal sisma dello scorso agosto.

Ad aprire l’evento il sindaco di Avezzano, Giovanni Di Pangrazio, che ha anche annunciato la realizzazione di due iniziative finalizzate a far fronte alle difficoltà e alla crisi del momento: un emporio della Caritas e il progetto del microcredito. Il primo cittadino è poi salito di nuovo sul palco per consegnare a Guccini il premio Anna Luce, insieme al Vescovo dei Marsi, Monsignor Pietro Santoro. «Questo è un premio alla tua carriera, alle tue canzoni intrise di poesia» ha detto il Vescovo al cantautore «ma vorrei sottolineare anche la tua opera di scrittore. Ho letto quasi tutti i tuoi libri, ma sono particolarmente innamorato dell’ultimo. È straordinario e porta a galla ricordi di persone, situazioni ed eventi dimenticati. È uno sguardo, un buttare gli occhi su un passato che non c’è più e su persone che non sono scritte sui libri di storia. È un’opera culturale straordinaria perché tira fuori i dimenticati e se lo facessimo anche noi, ogni giorno, potremmo scrivere una storia decisamente diversa».

 

Guccini 6.JPGProtagoniste della seconda parte della serata le canzoni di Guccini, eseguite dai “Musici”, con l’esperienza e la bravura di Juan Carlos Flaco Biondini (voce e chitarra), Vince Tempera (tastiere), Antonio Marangolo (sax), Pierluigi Mingotti (basso) e Ivano Zanotti (batteria). Con loro anche l’ex voce dei Nomadi, Danilo Sacco, ad interpretare il celebre “Dio è morto” e “Vorrei”, una delle più belle canzoni d’amore mai scritte, che sa magicamente parlare di questo profondo sentimento senza usare mai la parola amore, di facile rima con cuore, ma descrivendo, invece, ciuffi di parietarie attaccate ai muri e greppi dell’Appennino.

 

Guccini tornerà in Cattedrale anche questa sera, per la seconda data del concerto, e sarà intervistato da David De Filippi.

 

Maria Caterina De Blasis

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