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Eccidio di Celano: quel 30 aprile per i diritti

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2 Maggio 1950, titolo di testa dell'edizione straordinaria de L'Unità: ''Si spara sui disoccupati che chiedono lavoro: Infame eccidio in Abruzzo, due contadini uccisi e dodici feriti''.
Un primo maggio buio, quello che la Marsica visse nel 1950. Solo la sera del giorno prima si era verificato quello che alla storia è rimasto come ''l'eccidio di Celano''.


Ore 20.00 del 30 aprile 1950,Piazza IV novembre, Celano. Spari, urla e sangue. Due vittime: Agostino Paris ed Antonio Berardicurti. Dodici i feriti, tutti braccianti e contadini che inermi e non armati erano lì per attendere le liste che avrebbero rivelato i nomi dei primi lavoratori chiamati a Fucino per il 2 maggio.
Dal palazzo comunale non arrivò mai quella lista che stabiliva i turni di lavoro, perchè non si raggiunse mai un accordo. Dal comune si chiese ai carabinieri di intervenire. All'improvviso partirono i colpi e si aprì il fuoco sulla folla.
Un fatto grave, frutto dell'ennesima goccia che fece traboccare di sangue il vaso.


Le premesse necessarie sono innanzitutto di natura socio-politica, in un periodo per niente facile per la Marsica e l'Italia della ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale. Socialmente ed economicamente parlando, tutto era come descritto nelle
pagine di Fontamara, opera di Ignazio Silone. La condizione dei contadini e dei braccianti era un canale che irrigava i campi di lacrime, sudore e sangue, sotto lo sguardo dei Torlonia.

Ma il popolo marso ha sempre avuto questa tenacia, questa resilienza che fin dall'epoca romana li rende un popolo temibile e valoroso, pronto a combattere per difendersi e per affermare i propri diritti.


E non si erano mai arresi, e negli anni precedenti si erano battuti così tanto, fino ad ottenere l'intervento del governo rivendicando l'imponibile di manodopera, ovvero la quantità di lavoratori che l'imprenditore agricolo era obbligato ad assumere per alleviare la disoccupazione.
Piccoli passi forse, che comunque segnarono un punto a favore dell'unità sociale marsicana.
Ma non finisce qui: quell'anno, prima dei sanguinosi fatti di Celano, tutto il popolo marsicano aveva partecipato ad uno sciopero alla rovescia.

Era il sei febbraio, quando tutti, donne comprese (e fondamentali) cominciarono a lavorare alle opere di manutenzione delle strade e dei canali di irrigazione. Una sommossa silenziosa, operosa e così stupefacente che i Torlonia dovettero pagare 350000 giornate di lavoro.


Alla luce di questa unità, e di questa voglia di lavorare, di avere diritti, di poter assicurare un futuro ai propri figli, l'eccidio di Celano assume ancor di più valore il fatto che tutto ciò avvenne il giorno prima del 1 maggio, festa dei lavoratori.
Festa che era stata ripristinata solo nel 1947 in Italia, dopo che il fascismo l'aveva abolita. Giorno che da quel lontano 1886, quando a Chicago una manifestazione
operaia era stata repressa nel sangue, continuava a stillare sangue e a chiedere fondamentali diritti.
Che ci ricordi questo il primo maggio, a dare uno sguardo al passato per ricordare tutti quanti hanno perso la propria vita per il lavoro e per la libertà.
Ludovica Salera

 


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