Attualità 06:00

Le risorse della terra come mito fondante della “marsicanità”

Dal convegno “La valorizzazione integrata delle produzioni tipiche locali: Patata del Fucino-Olio della Valle Roveto” le linee guida per il rilancio di economia e turismo sostenibili


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AVEZZANO. La Marsica ha bisogno di una mitopoiesi, della creazione di un mito, della riscoperta di un fattore aggregante che possa essere riconosciuto tale da tutti gli abitanti del territorio. Deve trovare un minimo comune denominatore che faccia da collante, come avvenuto in Salento grazie alla taranta o in Toscana, nella regione del Chianti. Questo il suggerimento di Ernesto Di Renzo, professore di Antropologia Culturale all’Università Tor Vergata, durante il suo intervento di chiusura al convegno “La valorizzazione integrata delle produzioni tipiche locali: Patata del Fucino-Olio della Valle Roveto”.

La Marsica, ha spiegato Di Renzo, deve superare i localismi identitari, deve andare aldilà dei particolarismi, riconosciuti solo dall’interno e che rischiano di sfociare in campanilismi, e trovare il suo mito fondante nella terra e in ciò che della terra noi rendiamo risorsa. Il territorio, attraverso quello che il professore ha definito ethnoscape, etnoluogo o etnopaesaggio, può passare così da zona geografica ad area culturale, in cui «spazio e tempo si incontrano in una comunità di sentimenti, in un legame mistico, quasi totemico, tra una popolazione e il suo territorio». «Una volta individuato il minimo comune denominatore» ha concluso «è su questo che bisogna lavorare per costruire un’immagine identitaria forte».

 

Nella conferenza, organizzata dal Comune di Avezzano con la collaborazione di Crab, Sviluppo Italia Abruzzo, Gal Gran Sasso Velino, le aziende Torti e Capra e Cavoli, e moderata da Eliseo Palmieri, sono state tracciate le linee guida per il rilancio del territorio attraverso i prodotti tipici. Ai saluti del sindaco Giovanni Di Pangrazio e dell’assessore alle politiche agricole Francesco Paciotti, il quale ha sottolineato l’impegno dell’amministrazione nell’affrontare l’agricoltura come una priorità, valorizzandone tipicità e unicità, e ha ribadito l’impegno della giunta Di Pangrazio per creare, insieme al Crab e agli atenei dell’Aquila e di Teramo, una scuola di alta formazione sulla biotecnologie alimentari, sono seguiti quelli di Massimiliano Volpone, direttore di Coldiretti L’Aquila e Teramo, e di Carlo Rossi, in duplice veste di vicepresidente del Gal e direttore di Confesercenti, accompagnato dal presidente Domenico Venditti.

 

La parola è poi passata a Giuseppe Torti dell’omonima azienda, che, parlando della patata del Fucino, ha anche suggerito la ricetta che, parole sue, potrebbe far impazzire i consumatori: patate lesse marsicane, con olio d’oliva della Valle Roveto e, magari, anche uno spicchio di aglio sulmonese. Il piatto, nella sua estrema semplicità, ha proprietà depurative e disintossicanti, come sottolineato più tardi, durante il loro intervento, anche da Daniela Spera e Vittorio Di Giammatteo, rispettivamente direttore e ricercatore del Crab.

 

Le particolarità dell’olio rovetano sono state invece delineate da Antonio Di Rocco, presidente dell’Associazione La Monicella di San Vincenzo Valle Roveto. Il microclima della Valle, la coltivazione tradizionale, l’assenza della mosca olearia e la filiera produttiva interamente biologica fanno dell’olio rovetano un prodotto molto apprezzato, tanto da aver ricevuto una menzione speciale al Sol di Verona. Per dare all’olivicoltura locale un respiro più ampio e meno di nicchia, ha raccontato Di Rocco, è stato anche creato un sito per adottare un ulivo della Valle Roveto (http://www.adottareunulivo.it/).

 

Come trasformare i prodotti tipici in un volano per l’economia e il turismo locale, è stato infine l’oggetto della relazione di Sergio Natalia, responsabile di Sviluppo Italia Abruzzo ed esperto di marketing territoriale. «Valle Roveto e Marsica» ha chiarito Natalia «possono essere forti solo se sono unite. Dobbiamo mettere al centro di queste due zone complementari il turismo gastronomico a cui, poi, possiamo collegare tutti gli altri tipi di turismo, come quello culturale, naturalistico, sportivo, ambientale o didattico». «Ciò che però deve essere ben chiaro» ha specificato «è che qui non possiamo vivere di turismo, ma dobbiamo pensarlo come un’attività integrativa al reddito».

 

Maria Caterina De Blasis