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Prevenire meglio che soccorrere. L’esperto De Luca: “Pagare i soccorsi in montagna”

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«Purtroppo si parla sempre più spesso di incidenti in montagna, un fenomeno in crescita dal momento che è aumentato il numero di coloro che desiderano praticare escursioni ed arrampicate sia in inverno che in estate, affascinati dalle alte quote e dai paesaggi spettacolari. Nella maggior parte dei casi gli incidenti sono da ricondurre a superficialità e scarsa preparazione: molte tragedie si potrebbero evitare se gli escursionisti e gli alpinisti facessero più attenzione alle indispensabili norme di sicurezza; l’esperienza, invece, ha dimostrato che spesso la difficoltà deriva da una sopravvalutazione delle proprie capacità e da una scarsa valutazione del percorso che si vuole intraprendere e dei relativi rischi. E spiace che gli infortuni riguardino sia i frequentatori più preparati, sia i gitanti della domenica. In entrambi la possibilità di contare sul soccorso gratuito ha finito per indurre un certo irresponsabile innalzamento dei margini della sfida: tanto, nel peggiore dei casi, li tirano comunque fuori». È questa la posizione del maestro di sci e accompagnatore di media montagna Paolo De Luca che ha anche risposto ad alcune domande.

 

Quali sono le precauzioni da adottare per evitare incidenti in montagna?

Preliminare a qualsiasi attività in montagna, è la consultazione dei bollettini meteo, tenendo tra l’altro presente che in montagna le condizioni del tempo possono cambiare in pochi minuti, come ad esempio accade sulla catena montuosa del Gran Sasso d’Italia data la sua particolare vicinanza ai due mari. Come già accennato, fondamentale è scegliere l’itinerario in base alla propria preparazione fisica e tecnica. Abbigliamento ed equipaggiamento devono essere adeguati alla difficoltà ed alla durata dell’escursione. Nello zaino (con air bag) non deve mai mancare l’occorrente per le situazioni di emergenza: telo termico, lampada frontale, kit di primo soccorso, telefonino cellulare-gps nel quale si può scaricare l’app “GeoResQ”, un nuovo servizio di geo localizzazione e d’inoltro delle richieste di soccorso che tiene traccia del percorso comunicandolo a chi volesse seguirci da casa e per inoltrare tempestivamente la richiesta di aiuto alla centrale operativa attiva 24 ore su 24. In caso di neve, casco, pala, sonda, Artva, l’apparecchio di ricerca dei travolti in valanga. Utile per il corretto funzionamento degli strumenti elettronici è il controllo periodico delle batterie per verificare la carica residua e l’utilizzo di tipi ad alta capacità. È preferibile non avventurarsi da soli. Consigli a parte, da più fronti si invoca una legge in grado di arginare l’impennata di incidenti in montagna. Attualmente, infatti, non esiste una normativa con regole specifiche per la sicurezza dello sciatore-alpinista, dell’alpinista, dell’escursionista e più precisamente per gli sport di avventura. A mio avviso, innanzitutto si potrebbe modificare la Legge 363/2003 sulle norme di sicurezza e di prevenzione infortuni per lo sci di discesa e fondo estendendola anche allo sci alpinismo, all’escursionismo, all’alpinismo. Così come nell’attuale legge si stabiliscono precise regole sulle piste da sci, anche nel caso di escursioni e arrampicate in montagna è necessario fissare regole più stringenti. Una soluzione potrebbe essere quella di stipulare una polizza assicurativa per le attività sportive: credo ci siano formule che coprano escursioni impegnative, discese fuori dalle piste battute e probabilmente anche vie ferrate (sicuramente non arrampicate di alto livello). Nella maggior parte dei Paesi europei è prevista un’assicurazione per questo genere di attività: con circa 20-30 euro l’anno si è coperti in caso di infortunio.

 

Non si dovrebbe partire dalla prevenzione?

Certamente. Gli addetti non indicano però la soluzione preferendo continuare a finanziare i soccorsi e le loro costose strutture invece di fare adeguata prevenzione, molto più economica ed efficace. Sebbene molti conoscano le soluzioni, non si adoperano per sottoporre propedeuticamente a formazione i frequentatori dei monti, così da ottenere il necessario aumento di capacità, equipaggiamenti e consapevolezza con abbattimento dei casi di difficoltà, incidenti, smarrimenti e costi connessi. Secondo me, si ignora l’esempio delle associazioni speleologiche e subacquee che giustamente impongono la frequentazione di un corso introduttivo prima di svolgere tali specialità non meno rischiose dell’alpinismo, dello sci-alpinismo o dell’escursionismo. È ovvio che le pubbliche amministrazioni finanzino tale attività formativa sottraendo denaro a quella di soccorso che in pochi anni ridurrà enormemente i suoi costi come accadrà anche per le spese sanitarie indotte dagli incidenti che da sole basterebbero a finanziare questa fondamentale attività-socio-culturale-sanitaria con risparmi incalcolabili.

 

Quale potrebbe essere un valido deterrente per limitare, se non cancellare, le imprudenze in montagna?

Penso che bisognerebbe far pagare per intero al cittadino le operazioni di salvataggio in montagna perché la comunità non può e non deve più farsi carico delle leggerezze degli irresponsabili. Infatti le operazioni di soccorso alpino, oltre ad impegnare mezzi e decine di uomini, mettendone a rischio la vita, in Italia sono un costo imputato per intero alla collettività perché gestito dal servizio sanitario nazionale. La persona soccorsa, quindi, non paga nulla. Per riflettere, basti pensare che un minuto di volo di un elicottero medicalizzato può arrivare a costare anche 200 euro; cifre inferiori, ma di tutto rispetto, per le operazioni di soccorso con elicottero non medicalizzato o a piedi. In Austria ed in Slovenia, che dal confine italiano distano pochi chilometri in linea d’aria, il costo del soccorso è a totale carico del cittadino in emergenza. In questo modo si cerca di responsabilizzare coloro che decidono di avventurarsi in montagna senza una preliminare valutazione del percorso e delle proprie capacità. È solo in questo modo che gli incidenti potranno diminuire e tante vite umane potranno essere risparmiate; il tutto accompagnato, ovviamente, da un risparmio di soldi pubblici che potrebbero essere investiti nell’acquisto di nuove apparecchiature elettromedicali da destinare agli ospedali.

 

Convinto di questa proposta?

Certo. Mi sembra logico che i costi di soccorso alpino siano addebitati a chi ne beneficia. Andare in montagna è una scelta che comporta un margine di rischio; chi poi imprudentemente si mette in condizione di pericolo deve accettarne le conseguenze, anche economiche. Il paragone con altri tipi di soccorso, come gli incidenti stradali ad esempio, non regge; tempi, costi e difficoltà di intervento sono sicuramente inferiori e meno problematici perché la gente comune non immagina la sofisticazione delle tecniche, dei materiali, delle procedure, che stanno dietro agli interventi di salvataggio in montagna e dei conseguenti costi. La mia non è una voce isolata: a perorare la proposta illustri esperti del settore di fama internazionale, alpinisti quali Abele Blanc, Alessandro Gogna, Reinhold Messner, Giampiero Di Federico, Pasquale Iannetti concordano sul deterrente di tipo economico quale strumento per disincentivare i comportamenti negligenti e sull’importanza di diffondere la cultura della prevenzione del rischio.

 

A chi spetterebbe il compito di certificare la sussistenza dei requisiti necessari a giustificare gli interventi di soccorso alpino?

I reparti specializzati del Corpo Forestale dello Stato, i Carabinieri, la Polizia, la Guardia di Finanza, i Vigili del Fuoco, l’Esercito (Alpini) hanno la preparazione giuridico-operativa per permettere ai propri uomini di poter ricostruire esattamente qualsiasi evento legato ad infortuni ad alta quota, utilizzando come parametro di riferimento le linee guida del Cai sulle regole di comportamento in montagna assicurando anche le necessarie funzioni di Polizia Giudiziaria nei casi in cui, dalla dinamica degli incidenti, possono essere ravvisati eventuali elementi di interesse penale. Infatti, ogni corpo ha una propria squadra di soccorso alpino pronta a collaborare con quella del Cnsas del Club Alpino Italiano la quale, ai sensi di una Legge di protezione civile, la numero 74 del 21 marzo 2001, ha il compito di provvedere alla vigilanza e alla prevenzione degli infortuni nelle attività alpinistiche escursionistiche e speleologiche nonché al soccorso degli infortunati, dei pericolanti e al recupero dei caduti ad opera di tecnici di soccorso alpino inquadrati come “volontari” e quindi  senza alcuna retribuzione economica.

 

In Italia ci sono regioni dove il soccorso alpino si paga?

In Trentino Alto Adige, Val d’Aosta e Veneto, regioni ad alta vocazione montanara, i propri governanti hanno deciso di porre fine alla gratuità completa degli interventi di soccorso alpino facendo pagare al cittadino in emergenza una sorta di ticket per ogni chiamata invece dell’intero salvataggio. Questo ticket sembra aver funzionato bene perché le autorità e gli esperti del settore hanno registrato una effettiva diminuzione delle richieste di intervento.

Linea dura in Lombardia contro le imprudenze in montagna: dopo l’introduzione dell’Artva obbligatorio su tutti i territori innevati fuoripista, il soccorso in montagna è a pagamento sull’intera regione con l’introduzione, anche qui, di un ticket, il Consiglio dei Ministri a maggio 2015 ha promosso anche la Legge regionale numero 5 del 17 marzo 2015. Anche il Piemonte sta lavorando a un provvedimento sulla scorta di quanto fatto da altre regioni. L’assessorato alla Sanità, in una nota fa sapere che presenterà la legge prima della fine del 2015.

 

Quanto costa un intervento?

In Trentino Alto Adige il ticket costa 30 euro per il ferito grave, in caso di ricovero ospedaliero o in presenza di un referto medico che attesti la gravità dell’emergenza sanitaria; 110 euro per il ferito lieve e 750 euro per persona illesa. In Valle d’Aosta è gratuito in caso di emergenza sanitaria, mentre costa 800 euro per intervento inappropriato a mezzo elicottero, rilevato dall’equipaggio intervenuto come ad esempio nel caso di un alpinista bloccato in parete o di un escursionista con attrezzatura inadeguata. Il ticket ha il prezzo di 100 euro più 74,80 euro ogni minuto di volo con aeromobile AB412 o 137con aeromobile AW139, per chiamate totalmente immotivate rilevate dall’equipaggio intervenuto. In Veneto il costo è di 25 euro al minuto fino ad un massimo di 500 euro per il ferito grave, con ricovero ospedaliero o accertamenti in Pronto Soccorso di un ospedale pubblico; 90 euro al minuto fino ad un massimo di 7.500 euro per ferito lieve o persona illesa. Per quanto riguarda la Lombardia la quota oraria è tra i 56 euro l’ora, per intervento di un’ambulanza, ed i 115 per l’intervento anche di soccorritori, medici e infermieri. La quota massima per l’utilizzo dell’elisoccorso sarà di 780 euro. Secondo la normativa pagherà solo chi farà mobilitare i mezzi di emergenza senza la necessità di ricovero in ospedale mentre è prevista una riduzione del 30% a favore dei residenti in Lombardia. Tariffe che gravano sugli escursionisti in caso di “ingiustificato” intervento del Cnsas per comportamenti negligenti o motivazioni inutili. Gli introiti ovviamente non vanno nelle tasche del soccorso alpino ma in quelle del sistema sanitario nazionale.

 

E in Abruzzo?

In Abruzzo si lavora per redigere una bozza di Legge, dopo l’abrogazione della Legge regionale numero 1 del 2011, e portarla all’attenzione del Consiglio Regionale. Attualmente, le operazioni di soccorso alpino sono completamente gratuite ai sensi della Legge regionale numero 20 del 2014. Ci sono novità fuori dalle aree sciistiche attrezzate, infatti in seguito alle modifiche della Legge regionale numero 24 del 2005 è consentito lo scialpinismo, fuoripista compresi, imponendo la stipula di un’assicurazione con polizza Rc obbligatoria e l’attrezzatura idonea per praticare tale disciplina sportiva (Artva, zaino con air bag, casco protettivo, pala, sonda).

 

Il corpo nazionale di soccorso alpino del Cai percepisce finanziamenti pubblici per salvare le persone in montagna?

Sì. Percepisce finanziamenti pubblici per circa 10 milioni di euro l’anno tra Stato ed Enti autarchici locali quali Regioni, Province, Comuni. A questo punto, un aspetto da risolvere è quello di stabilire se l’organizzazione Cnsas formata da volontari è opportuno riceva finanziamenti pubblici invece di utilizzare squadre di professionisti altamente specializzati già esistenti nel Corpo Forestale dello Stato (Soccorso Alpino Forestale), Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza (Soccorso Alpino Guardia di Finanza), Vigili del Fuoco (Speleo Alpino Fluviale), Esercito (Alpini) a cui eventualmente destinare quelle somme aumentando l’efficacia dei soccorsi. A tal proposito c’è da dire che la tempestività negli interventi è maggiore da parte dei professionisti visto che i volontari devono lasciare il lavoro e non sono in continua attesa e disponibilità per le emergenze.

 

È mai capitato di assistere a scene curiose di gente in difficoltà?

Sì, quasi sempre, una in particolar modo merita di essere ricordata perché mi ha fatto capire, una volta per tutte, che le operazioni di soccorso alpino, siano esse di carattere sanitario o no, devono essere fatte pagare per intero al cittadino in emergenza! In una bella giornata di sole, ero con un mio amico medico sulla cresta Ovest che dalla cima più elevata del massiccio montuoso del Gran Sasso d’Italia, la vetta occidentale del Corno Grande (2912 m s.l.m.), scende alla Sella del Brecciaio (2506 m s.l.m.) quando, in un punto molto esposto e difficile, abbiamo incontrato una coppia. Lei in evidente difficoltà, con una decadenza fisica significativa piangeva e per la paura non voleva più andare avanti né tornare indietro. Ci siamo subito fermati per prestare aiuto immediato. Il signore che era con lei ci disse: “Grazie, non abbiamo bisogno di nulla; tra poco, se la mia compagna non riprende a salire, chiamerò l’elicottero per farla venire a prendere e farla portare al piazzale dove abbiamo l’auto parcheggiata. Tanto è tutto gratis… così approfittiamo per fare un bel giro e vedere il Gran Sasso dall’alto”. Questo episodio dimostra non solo la scarsa preparazione di qualcuno che si avventura in montagna, ma anche il poco valore etico nel considerare il lavoro del Soccorso Alpino e la spesa che ricade comunque su tutta la comunità. Da ultimo, ma non meno importante è da dire che scambiare l’elicottero del 118 per un elitaxi è inaccettabile perché i mezzi di salvataggio devono necessariamente essere riservati alle vere emergenze, che magari, mentre il velivolo è occupato, potrebbero effettivamente verificarsi.

 

Redazione Avezzano Informa


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