Sono tante le storie che non sono finite sulle pagine dei manuali, ma che comunque hanno fatto la storia, quella che ci permette oggi di votare, di parlare liberamente, di scrivere sulle pagine di un giornale. Oggi, 25 aprile, dalle pagine virtuali di questo giornale vogliamo ricordare la storia di Mario e Bruno Durante, partigiani della Resistenza in Valle Roveto.
Giovani e belli, come tutti gli eroi, Mario e Bruno erano nati a Balsorano da Antonio Durante, originario della provincia di Campobasso e Violetta De Blasis, di Meta di Civitella Roveto. Entrambi i genitori erano maestri di scuola elementare e il padre venne più volte sottoposto a controlli di polizia per le sue idee socialiste prima, comuniste poi e antifasciste durante il ventennio. I due insegnanti avevano anche un terzo figlio, Fausto, da tutti chiamato Faustino, studente in Medicina all’Università di Roma.
Nei decisivi giorni tra il 25 luglio e l’8 settembre del 1943, la famiglia Durante era a Meta. Mancava solo Bruno, aspirante Guardiamarina all’Accademia Militare di Livorno, il quale, in quel momento, era in Slovenia. Quando seppe dell’armistizio italiano, dopo aver sabotato con alcuni compagni dei mezzi navali militari di piccolo cabotaggio ancorati nel porto, si imbarcò col suo comandante per raggiungere l’Italia meridionale e riunirsi all’esercito di Badoglio. Giunto all’altezza di Ancona, però, decise di sbarcare e, in abiti borghesi, raggiunse il resto della famiglia nel piccolo borgo rovetano, ai piedi dei monti Simbruini, a quota 1050 metri. Meta, così come gli altri centri montani della Valle Roveto, non avendo una strada carrozzabile, né servizio telefonico o di telegrafo, fu per molte settimane fuori dal controllo tedesco, rappresentando così un rifugio ideale per molti prigionieri, fuggiti dai campi di concentramento dopo l’armistizio, e per i soldati italiani sbandati che cercavano di ricongiungersi con le truppe alleate già sbarcate nel Sud Italia.
Tra le stradine di Meta, in poco tempo, arrivarono tantissimi prigionieri alleati di diverse nazionalità, dai polacchi ai sudafricani, dagli inglesi ai neozelandesi, passando per gli indiani. La maggior parte di loro proveniva dal campo di concentramento di Avezzano. La casa dei Durante divenne un vero e proprio polo di accoglienza e anche di smistamento. I fuggiaschi, infatti, dopo essere stati rifocillati e assistiti, venivano consegnati a diverse famiglie metesi, che dividevano con loro il pane che non avevano perché, nei volti di quei ragazzi stranieri, riconoscevano quelli dei loro figli che vagavano dispersi, chissà dove, per combattere una guerra per loro incomprensibile.
I tre fratelli Durante iniziarono un’attività partigiana che non si limitò alla sola accoglienza. Essendo muniti di radio ricetrasmittente, infatti, segnalavano agli alleati tutti i movimenti delle colonne tedesche che transitavano nel fondovalle, facilmente visibile dalla posizione privilegiata di balcone naturale di Meta. Sotto la guida di Bruno impararono anche a disinnescare le mine.
Il primo maggio del 1944, mentre a Meta si celebrava un matrimonio e i fratelli Durante, con la coccarda rossa, si apprestavano a tenere un comizio per la festa dei lavoratori, arrivarono nella frazione di Civitella alcuni soldati tedeschi, travestiti da inglesi, accompagnati da una spia italiana che, a Filettino, aveva saputo da Faustino le attività partigiane dei tre. I tedeschi cercavano il “doctor Faust”. I Durante, allora, decisero di far nascondere il fratello minore, l’unico realmente visto dal delatore. Uscirono solo Mario e Bruno che continuavano a rispondere che non esisteva un terzo fratello con quel nome. I finti inglesi, riconosciuti come tedeschi dai loro scarponi, insistettero ancora un po’, poi tirarono fuori le loro armi. Tutta la comunità di Meta venne allertata in fretta di quello che stava accadendo e chiunque stesse proteggendo un prigioniero lo fece fuggire verso le grotte naturali della montagna che domina la frazione. Mario e Bruno furono portati via dai soldati nazisti. Dissero ai loro genitori che si stavano allontanando solo per un confronto, in realtà non fecero mai più ritorno, né da vivi né da morti.
I due fratelli Durante vennero portati nel carcere mandamentale di Tagliacozzo e dopo qualche giorno vennero condotti in un fienile dove, oltre a sopportare atroci e indicibili torture, dovettero anche assistere alle sevizie l’uno dell’altro. Continuarono comunque a negare l’esistenza del terzo fratello, e il loro silenzio spingeva gli aguzzini ad essere ancora più feroci. Bruno non era malridotto come Mario, eppure non tentò mai la fuga pur di non abbandonare il fratello in fin di vita. Gli stette accanto anche nell’ultimo viaggio, quello, presumibilmente, del 27 maggio, giorno in cui i soldati trasportarono i due prigionieri verso la loro tragica sorte. I due ragazzi furono ulteriormente torturati e infine fucilati nella campagna di Avezzano dove poi furono sepolti. I loro corpi non furono mai più ritrovati.
Faustino fu quindi salvo grazie all’amore dei suoi fratelli. Ha potuto continuare a vivere e a studiare. È divenuto un brillante anatomopatologo, sue le autopsie sui corpi di Pasolini, Panagulis e Pinelli, proprio perché, come raccontato da sua figlia Brunamaria, vista la sorte di Bruno e Mario, aveva sempre pensato che anche i morti avessero una voce e che questa voce dovesse essere assolutamente ascoltata.
I fratelli Durante, al prezzo della loro vita, non salvarono però solo quella di Faustino, ma anche quella degli abitanti di Meta, che avrebbe rischiato di subire la stessa tragica sorte toccata a Marzabotto, e quella dei militari alleati e italiani accolti nel villaggio. Un piccolo angolo di Italia, in cui grazie al coraggio, agli ideali e ai valori di due grandi giovani, si contribuì a fare la storia e a difendere la libertà e la giustizia.
Grazie all’impegno dell’Associazione Culturale “Il Liri” e dell’Anpi Marsica, nel 2013, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, concesse a Mario e Bruno Durante due medaglie d’oro al valore civile, consegnate, in mancanza di discendenti diretti, al Comune di Balsorano, dove i due erano nati.
Maria Caterina De Blasis
Foto Severino Alessandro